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Tecnologia ed Arte per una cultura collettiva dell’energia pulita

Nella realtà contemporanea e soprattutto nel periodo del lockdown la maggior parte delle nostre interazioni con l’arte stanno passando attraverso un dispositivo tecnologico. Pensiamo alle mostre multimediali, all’utilizzo di App a supporto di una mostra, la trasformazione del cinema grazie a tecnologie 3D, ai dispositivi VR.

In questo istante, in tutto il mondo, ci sono persone che con l’aiuto della creatività e delle nuove tecnologie progettano il nostro futuro. Produzione digitale, nano e biotecnologie, realtà aumentata o virtuale. Oggi bastano 500€ per procurarsi un visore a realtà, mista senza cavi e vivere in prima persona a casa propria infiniti mondi VR.

Pensiamo alla fusione tra arte e tecnologia durante gli spettacoli multimediali come “Arte Virtuale Van Gogh + Monet Experience”, organizzato a Roma alle Ex-caserme Guido Reni a fine 2019 inizio 2020.  L’esperienza è monopolizzante, seduti su un comodo sgabello e indossati i dispositivi audio/video VR si è letteralmente immersi in un viaggio nei luoghi e nelle opere di Vincent van Gogh e Claude Monet. Il  coinvolgimento emozionale è assoluto. Attraverso impressioni, suoni, colori e  movimento si vive la meraviglia. C’è un universo di possibilità e uno sviluppo del business in tal senso vertiginoso.  L’arte ha reso l’uso della tecnologia ancor più emozionante e la tecnologia ha potenziato l’espressione artistica.

Da sempre l’arte e la tecnologia hanno interagito tra loro ma è negli ultimi anni che la tecnologia ha pervaso ogni aspetto della nostra vita e ovviamente anche la vita di molti artisti contemporanei, trasformandone mezzi, luoghi di ispirazione e competenze.

In molti casi la tecnologia è al servizio dell’Arte e degli artisti. L’arte si serve della tecnologia come pennello per disegnare nuove esperienze umane, per raccontare il mondo e i mondi possibili o per creare la bellezza (questo è ciò che io amo di più dell’arte).

Ma l’arte non è solo questo.  Sappiamo bene come l’arte si sia sviluppata all’ombra del potere con un carattere privato, di sovrani, dalla chiesa o da mecenati si trattava di un potere che ha consentito materialmente l’esercizio dell’arte esaltando gli interessi del singolo. Oggi è forse ancora così, ma in un mondo sempre più interconnesso e dove l’accesso alla conoscenza e alle risorse è universale (pensiamo al crowdfounding), proprio grazie alle tecnologie, sta avvenendo una controtendenza.

Possono essere le stesse comunità a beneficiare del potere di trasformazione dell’Arte nei confronti della società e del potere stesso. Tale funzione non è solo una funzione di denuncia o esaltazione dei problemi. Sempre più è necessaria una pratica artistica basata sulla soluzione. Un’arte che è oggi bene comune e innovativo, che si prende cura della collettività e della terra. A fronte dei problemi che affliggono il nostro pianeta, l’Arte può essere un collante sociale, può essere un mezzo per ristabilire il contatto e la cooperazione con le persone ma anche un mezzo per favorire alle tecnologie la capacità di entrare nel tessuto della cultura collettiva, facilitando una transazione culturale verso l’uso delle energie rinnovabili.

La Solarfileds si è trovata a riflettere sul valore aggiunto dell’Arte in un progetto che prevede la costruzione di pale eoliche nelle campagne Laziali. Al di là dei discorsi economico/ingegneristici ci siamo chiesti: Come possiamo rendere queste pale eoliche più belle? Come possiamo renderle nostre, personalizzarle? Possiamo dargli un nome? E se le dipingessimo? E se le adornassimo di specchi? Il senso del nostro domandare era quasi semplicistico ma vitale.

L’arte avrebbe reso un oggetto sterile e funzionale, “nostro”, ci avrebbe permesso di desiderare ancora di più una tecnologia per il bene del futuro collettivo.

Il dibattito infervorato che da anni dilaga sull’estetica delle turbine eoliche è sempre più controverso. Secondo i dati dell’Osservatorio Nimby,  la realtà nazionale che monitora la cosiddetta sindrome “Not In My BackYard” (non nel mio cortile), solo nel 2017 sono stati contestati sette progetti eolici in Italia.

Una forma totalmente dettata dalla funzione, ovvero un pilone (che da grigio sta sempre più vertendo all’azzurro) con delle pale in cima, sembra autoriprodursi con finta facilità (mi riferisco ai costi e tempi autorizzativi) nel tessuto paesaggistico delle nostre terre e dei nostri mari in modo imponente. A molti non piace, si pensa che rovini il paesaggio, sia rumoroso, pericoloso per gli uccelli… “Not In My BackYard”.

Nel tentativo di rendere accettabile la funzione e l’estetica dell’eolico sono stati e sono ad oggi in molti.

L’artista che più si è avvicinato al mio immaginario, nel momento in cui mi sono trovata a fari i conti con il tema dell’ estetica e approvazione delle pale eoliche, è Horst Gläsker un’artista tedesco che ha dato vita al progetto Aero-Art (approfondisci qui: http://www.aero-art.com/index.html). Per l’artista le turbine eoliche vanno accettate così come sono ed esaltate, in quanto simbolo di una nuova era, icona di un’economia creativa.

Di carattere più timido è invece il progetto Power Flower dello studio NL Architets di Amsterdam (approfondisci qui: https://www.designboom.com/architecture/nl-architects-power-flowers/). Gli impianti progettati sono pensati come delle sculture a forma d’albero per la raccolta dell’energia del vento, che presentano le pale sulla sommità di rami curvi. 

E’ necessario citare anche il tentativo, più di design che artistico, dei Revolutionair di Philippe Starck il primo ad aver pensato ad una pala eolica per il giardino di tutti (approfondisci qui: https://www.youtube.com/watch?v=x46_L1rMoR8). Il caro Philippe ha progettato un oggetto di eco-design esteticamente piacevole, silenzioso ed adatto alle micro produzioni di elettricità. 

Concettuale e spettacolare è stata invece l’installazione dello studio Roosegaarde intitolata Windlicht che significa “Luce del vento” (approfondisci qui: https://www.youtube.com/watch?v=gBIWFdQM_mI). Un titolo bellissimo no? Anche l’installazione è bella, semplice, imponente, spettacolare relativamente economica… mi ha fatto venire voglia di vederla dal vivo. Avrei voluto essere li con mia figlia tra le colline aspettando quel fascio di luce semplice ma che indica la via verso un’ inizio nuovo. Una performance di land art di dimensioni ciclopiche, ideata proprio per sensibilizzare gli spettatori all’utilizzo di energie rinnovabili. 

Degna di nota nel panorama artistico anche “Menina” una turbina eolica dell’artista Elena Paroucheva, un totem del futuro (approfondisci qui: https://www.art-elena.com/projects/wind-art/).

Per cambiare la percezione dell’eolico e avvicinare i cittadini al mondo delle energie rinnovabili, arrivano oggi due nuove proposte Windwords e Windswitch elaborate da Prototype 2030 (approfondisci qui:  https://www.prototype2030.org/projects), un collettivo internazionale di design. Le proposte hanno l’obiettivo di “umanizzare” il rapporto tra comunità e parchi eolici.  Nel sito del collettivo si legge: “Riteniamo che una delle cause profonde dell’opposizione (all’energia dal vento) sia che la progettazione di turbine e parchi si sia sempre basata su scelte tecnologiche ed economiche, senza pensare molto ai bisogni di coloro che ne sono interessati qui e ora”.

La comunità degli artisti ha adottato ormai da tempo un approccio critico ai problemi dell’uso e della produzione di energia, che ha contribuito ad aprire gli occhi del pubblico sulla gravità dei problemi che ci troviamo ad affrontare e sta sempre più assumendo un ruolo attivo nella risoluzione del problema attraverso il proprio lavoro.

  • Ma allora perché l’arte non ha ancora invaso il mondo delle tecnologie dell’energia rinnovabile?

Semplice, perché le tecnologie sono costose e l’intervento artistico non potrebbe far altro che accrescere i costi.

  • Ma se si pensasse ad un intervento artistico collettivo?
  • Magari generato dalle comunità locali?
  • L’atto artistico potrebbe educare all’importanza dell’energia pulita?
  • Potrebbe favorire l’accettazione estetica della tecnologia?

Secondo Elizabeth Monoian e Obert Ferry (LAGI Founding Co-Directors) se vogliamo raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione, oltre alle nuove tecnologie e alle politiche, è necessario riconoscere l’importanza della cultura e della collettività nella realizzazione del cambiamento.  Concludo con una loro citazione che mi offre speranza e voglia di realizzare progetti che non siano solo OK ma meravigliosi!

“With 1% for the arts applied to trillions of dollars in renewable energy investment, we can bring about a transformation of our cultural landscapes along with the transition of our energy landscapes, making new artistic landmarks for this critical time in human history. We can bring renewable energy projects into the fabric of our neighborhoods in ways that increase livability and quality of life. To be successful, the great energy transition needs a cultural motivator with the message that it is going to be better than OK.”

Voi cosa ne pensate?

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